LE ORIGINI DELLA CERCA DEL TARTUFO
La cerca e la cavatura del tartufo si praticano nelle Colline Samminiatesi da oltre un secolo. Risalgono agli ultimi decenni dell’Ottocento le prime evidenze di questa attività, che sarebbe stata importata nei boschi intorno a San Miniato dai braccianti stagionali emiliani e romagnoli che venivano a lavorare nelle colture estensive della Valdegola.
Alcuni di questi praticavano già nelle aree di origine la cerca del tartufo, ne sapevano identificare le tracce e si accorsero subito della singolare vocazione dei boschi delle colline intorno a San Miniato, che sembravano essere ricchi soprattutto della qualità più rara e pregiata, quella del tartufo bianco.
Tornarono gli anni successivi con i cani, i lagotti romagnoli, ed ebbero conferma della loro intuizione, tanto felice e produttiva che alcuni si stabilirono in questo territorio e misero su famiglia. Documentata è la figura di Stanislao Costa, detto Stagnazza, nato a Casola Valsenio (Ravenna) nel 1875, che trovò moglie a Balconevisi e diffuse in quel borgo e nella campagna circostante le conoscenze dell’andare in bosco per tartufi e dell’addestramento dei cani.
Alcuni di questi praticavano già nelle aree di origine la cerca del tartufo, ne sapevano identificare le tracce e si accorsero subito della singolare vocazione dei boschi delle colline intorno a San Miniato, che sembravano essere ricchi soprattutto della qualità più rara e pregiata, quella del tartufo bianco.
Tornarono gli anni successivi con i cani, i lagotti romagnoli, ed ebbero conferma della loro intuizione, tanto felice e produttiva che alcuni si stabilirono in questo territorio e misero su famiglia. Documentata è la figura di Stanislao Costa, detto Stagnazza, nato a Casola Valsenio (Ravenna) nel 1875, che trovò moglie a Balconevisi e diffuse in quel borgo e nella campagna circostante le conoscenze dell’andare in bosco per tartufi e dell’addestramento dei cani.
Nelle località della Valdegola, a Balconevisi, a Corazzano, a Buecchio, Fornacino, Montoderi e Collegalli, i guadagni della cerca del tartufo iniziarono a integrare il salario agricolo o i proventi della mezzadria per intere famiglie di contadini. E per i più bravi poteva già diventare un lavoro esclusivo. Possiamo datare al primo decennio del secolo lo strutturarsi nelle colline di San Miniato di un mercato del lavoro tartufigeno: la figura professionale del “tartufaio” è attestata per la prima volta all'anagrafe del Comune di San Miniato nel 1911, in un documento che indica l’occupazione di Cesare Toni di Corazzano.